Con la possibilità di godere, in certe giornate, la rara visione del Raggio Verde. Un luogo reso unico anche dalla chiesa di Santa Maria della Neve, candido accento nell’immensità azzurra del cielo. Ė una chiesa senza pari, quella del Soccorso. Dalle linee semplici, essenziali, accentuate dal biancore che la connota. Senza uno stile preponderante, ma sintesi di vari stili, legati ai tanti rimaneggiamenti subiti nei secoli, che la identificano come edificio “mediterraneo”, in totale armonia con mare e cielo. A cui si accede da una scenografica scalinata a doppia rampa, decorata da scene sacre in maioliche policrome e da cinque croci di legno. Il portale di piperno introduce nella navata su cui si aprono le poche cappelle con opere che testimoniano la lunga appartenenza all’ordine degli Agostiniani e la profonda devozione della gente di mare. E infatti, sulla fascia decorativa che corre lungo le mura, sono collocati vari modelli antichi di velieri, ex voto di marinai.
Non mancano opere pregevoli. C’è la Madonna dei flagelli, esposta nel transetto; nella cappella che gli è dedicata, spicca il venerato Crocifisso ligneo cinquecentesco, che, secondo la leggenda, fu depositato dal mare in tempesta sugli scogli sotto il promontorio. Una scultura a cui nei secoli è stato attribuito un potere miracoloso, noto in tutta l’isola. A fare corona al Crocifisso, in contrasto con la sua drammaticità, una delicata, raffinata decorazione di quindici puttini di cartapesta, recentemente restaurati. Di grande pregio sono i due medaglioni di marmo del XV secolo, che raffigurano Santo Stefano e San Giovanni Battista, parte di un trittico proveniente dal mausoleo della famiglia Assante, che era un tempo nella chiesa dell’Annunziata sul Castello Aragonese. Il medaglione centrale con il bassorilievo della Madonna del Granato è inglobato nell’altare della chiesa dell’Arcinconfraternita di Santa Maria di Costantinopoli a Ischia Ponte.
A destra si trovano altre due cappelle. In una è custodito un dipinto con Sant’Agostino, Santa Monica e San Nicola da Tolentino, tutti santi agostiniani raffigurati nel 1633 dal pittore foriano Cesare Calise. C’era anche un trittico dedicato a Sant’Antonio di cui resta, in sacrestia, solo il registro inferiore in cui si distinguono le figure di quattro donne foriane in abito tradizionale, delle quali sono riportati anche i nomi.
Ė una chiesa antica. Esistente ancora prima di entrare, coi i terreni intorno, nel patrimonio degli Agostiniani, che si erano già insediati a Ischia e che nel XIV secolo avevano costruito la grande chiesa di Santa Maria della Scala nell’attuale Ischia Ponte. Nella loro fase di espansione sull’isola, favorita dai lasciti cospicui di tanti nobili e ricchi fedeli, gli Agostiniani, messe radici profonde a Ischia, avevano investito nella chiesa di Forio, dotandola di un piccolo convento con appena sei celle e corredato da un ampio giardino, che un muro proteggeva dai venti salmastri. Comunque, la chiesa, secondo un documento di metà Trecento, risaliva a tre secoli prima e sarebbe rimasta agli Agostiniani fini al 1653, quando divenne parte del patrimonio dell’Università di Forio. In seguito, l’edificio sacro fu oggetto di varie ristrutturazioni, l’ultima delle quali aggiunse elementi barocchi a quelli gotici e rinascimentali, già presenti e ben visibili. Fu edificata anche una grande cupola, che non sopravvisse al terremoto del 1883. Mentre è rimasto in piedi il piccolo campanile, che sovrasta il terrazzo naturale da cui si ammira l’orizzonte. E il tramonto di fuoco che saluta la notte.